Johannes Öhquist
Il nazionalsocialismo
Editrice Thule Italia – 2013
Pp. 341 – €30,00
«Gli uomini che nel 1918 erano usciti dalla trincee sapevano che dovevamo perdere la guerra per guadagnare la nazione», scrisse Ernst von Salomon ne I proscritti (Baldini e Castoldi), libro notevole e imprescindibile per comprendere la temperie della Prima guerra mondiale dal punto d’osservazione tedesco, l’epopea dei Corpi Franchi con le battaglie nella Ruhr e la decadenza della repubblica di Weimar con il corollario degli esiti umilianti e disastrosi del Trattato di Versailles.
E la nascita e il successo del nazionalsocialismo furono interpretati come reazione del popolo tedesco al Trattato di Versailles, alle pesantissime sanzioni e perdite di porzioni rilevanti di territorio. A coagulare questo «sentire» fu anche l’esperienza del fronte, come Ernst Jünger ha spiegato bene in La guerra come esperienza interiore (Piano B edizioni) e Nelle tempeste d’acciaio (Guanda editore).
Che cosa fu per molti tedeschi e tedesche usciti dalla guerra il nazionalsocialismo, che cosa realizzò una volta al potere questo movimento che si richiamava al socialismo nazionale e germanico, quasi a inverare le analisi di Werner Sombart, soprattutto qual era la visione del mondo che animava dirigenti, militanti, è importante per definire l’oggetto della ricerca storica e politologica e per comprendere le dinamiche interne di certi sviluppi ideologici.
Di là delle opere di propaganda, utili per comprendere la psicologia interna dei movimenti politici, le opere di sintesi pubblicate nel periodo storico affrontato assolvono una funzione davvero importante e chiarificatrice: mettere a fuoco il movimento restituendo il clima dell’epoca, le attese e le convinzioni della base, il motivo di certe scelte e in senso della lotta politica. Spesso, scrivendo un libro nel periodo in cui si svolge la storia del movimento, la ricerca tiene conto anche di dati che provengono dall’attualità, dal vissuto di un popolo, da fatti di cronaca che magari non sono considerati a distanza di decenni.
E’ il caso del libro Il nazionalsocialismo di Johannes Öhquist (1861-1949), storico, etnologo, saggista finlandese che visse molti mesi in Germania nel periodo in cui era al potere il Terzo Reich, studiò la letteratura storica e politica di quel periodo, seguì lo sviluppo del movimento nazionalsocialista e analizzò sul terreno la traduzione delle idee in pratica. Questo libro, molto bel documentato, uscito per la prima volta in Germania nel 1941, con il titolo Il Reich del Führer, parte dall’analisi delle conseguenze della Prima guerra mondiale e introduce al clima che vivevano i veterani di guerra, i reduci dal fronte ma anche la popolazione tedesca. Una condizione molto problematica. Il libro poi analizza la figura di Adolf Hitler sin dagli anni della formazione e la questione ebraica in Germania. La quarta parte è forse la più interessante, oltre a essere la più ampia del libro. Descrive la politica interna del nazionalsocialismo e l’approccio al welfare: dall’assistenza sociale all’a-spetto sindacale, dalla politica agraria a quella della salute, alla scelta ecologica, riprendendo qui un tema tipico dei Wandervogel. Non mancano analisi sull’economia, l’istruzione, la politica relativa alle arti e alla scienza. Un panorama esaustivo di quanto, in sei anni, il nazionalsocialismo aveva realizzato. Un testo interessante che avrebbe meritato però uno studio introduttivo che lo collocasse nel suo tempo sia per definire le linee interpretative del fenomeno politico sia per paragonarlo alla critica storiografica e politologica contemporanee.
MANLIO TRIGGIANI