Recensione al “nostro” Mein Kampf

Di questa recensione apparsa sulla rivista Nova Historica nel 2016 siamo venuti in possesso solo oggi.

E la sottoponiamo alla Vs. attenzione.

L’estate scorsa sulla stampa italiana è scoppiata una forte polemica per la decisione del Giornale di offrire gratuitamente sabato 11 giugno il Mein Kampf, libro-manifesto di Adolf Hitler e testo basilare dell’ideologia nazionalsocialista. Per ottenerlo gratuitamente era sufficiente acquistare il volume Storia del Terzo Reich del giornalista statunitense William Shirer, pubblicato negli anni scorsi da Einaudi. Si trattava del lancio di una collana di dieci libri sul nazionalsocialismo. Il libro-manifesto di Hitler è stato pubblicato dal quotidiano con un inquadramento storico e critico di un apprezzato docente di Storia, il professor Francesco Perfetti.

Le polemiche, come detto, non sono mancate: è intervenuto il presidente dell’Unione delle comunità ebraiche definendo il dono del volume del Führer da parte del quotidiano un fatto “squallido, lontano anni luce da qualsiasi logica di studio e di approfondimento della Shoah”. E’ intervenuta l’Ambasciata d’Israele a Roma per protestare contro questa iniziativa editoriale e anche il presidente del Centro Wiesenthal di Gerusalemme, Efrem Zuroff. Anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha detto la sua su Facebook definendo “squallido che un quotidiano italiano regali il Mein Kampf di Adolf Hitler”.

Il direttore del quotidiano, Alessandro Sallusti, ha spiegato che per comprendere un fenomeno storico, per “capire com’è potuto nascere il male assoluto, bisogna andare alla fonte e non aver paura di storicizzare la tragedia el Novecento. Non avrei problemi – per dire – a pubblicare il Libretto rosso di Mao”.

E’ stata una serie di polemiche che seguono quelle avvenute in Germania all’inizio dell’anno. Il 31 dicembre 2015 è scaduta la proprietà dei diritti del Mein Kampf che appartenevano al Ministero delle Finanze del Land della Baviera. Proprio per evitare che qualche casa editrice provvedesse a editare il testo che dalla fine della guerra non era stato più ristampato in Germania, l’Istituto di Storia contemporanea di Monaco di Baviera ha pubblicato il libro con un ponderoso apparato critico (3.700 note!). Il volume, stampato in quattromila copie è uscito nelle librerie tedesche l’8 gennaio scorso e la tiratura è andata esaurita in ventiquattr’ore. Prontamente è seguita una ristampa più cospicua, essendo state ben 15mila le prenotazioni. Nel frattempo su eBay alcune copie erano state messe in vendita al prezzo di 276 euro, quando il prezzo di copertina era di 59 euro!Tutto questo per illustrare, semplicemente, in che clima si innestava, l’estate scorsa, la polemica in Italia.

L’operazione del Giornale, probabilmente ha fatto tanto scalpore più perché per la prima volta un quotidiano a larga tiratura ha offerto gratis una copia del Mein Kampf per che la diffusione delle idee di Hitler. Infatti in Italia, contrariamente alla Germania, copie della Bibbia del nazionalsocialismo si sono sempre trovate con relativa facilità a partire dalla prima edizione del 1934 in poi. Almeno quattordici case editrici (alcune con nomi di fantasia come La Bussola, Pegaso, Homerus, La Lucciola ecc.) fra le quali anche alcune collocabili all’estrema sinistra. Non ci sono dati sulle tirature, mentre è certo che si tratta sempre di ristampe anastatiche dell’edizione Bompiani del 1934.

Ultima edizione, quella della casa editrice Thule Italia di Roma, specializzata nella pubblicazione di documenti originali di storia del Novecento. Proprio questa nuova edizione ha aperto un dibattito in quanto Thule Italia ha ritradotto il testo di Hitler con lo scopo di garantire, da un punto di vista filologico, una certa aderenza fra testo italiano e testo originale in tedesco. Infatti, al termine di questa operazione, è emerso che molti passaggi del testo basilare del nazionalsocialismo, non erano stati tradotti fedelmente alterando, in alcuni punti, il pensiero di Hitler. Insomma, a 91 anni dall’uscita del Mein Kampf tutto ciò che riguarda Hitler continua a suscitare polemiche, discussioni, dibattiti e aspre prese di posizione. Eppure un periodo ormai storicizzato come quello del nazionalsocialismo in Germania dovrebbe essere al centro di studi per la comprensione del passato e non per strumentalizzazioni politiche da una parte o dall’altra.

E’ un testo che, inoltre, offre anche una lettura, sebbene evidentemente di parte, del momento storico che la Germania stava attraversando nel primo dopoguerra, la funzione degli intellettuali della corrente di pensiero definita Rivoluzione conservatrice, le azioni degli spartachisti da un lato e dei militanti nei Corpi franchi dall’altro, per non parlare del vecchio progetto pangermanista che emergeva fra i reduci e anche le attività della galassia dei tanti partitini e movimenti dell’estrema Destra, la disgregazione dell’Impero austroungarico e la nascita di nuove entità nazionali come la Cecoslovacchia, la Jugoslavia, ecc. Situazione resa più incandescente dal fatto che nel Trattato di pace, gli Alleati avevano inserito il divieto di unione fra l’Austria e la Germania. Una temperie resa ancor più incandescente dal revanscismo di alcuni strati popolari della Germania e dell’Austria e della disastrosa situazione economica in cui si viveva nella Repubblica di Weimar.

Il libro fu scritto a partire dal primo aprile del 1924 nel carcere di Landsberg am Lech, dove Hitler fu rinchiuso per un verdetto del Tribunale di Monaco, che lo condannava per il fallito putsch di Monaco. Con lui scontavano la pena anche Friedrich Weber, Rudolf Hess, Emil Maurice, Hermann Kriebel e una quarantina di militanti della Stosstrupp Hitler. Hitler dettava la sua opera, dapprima al compagno di cella Emil Maurice, poi al futuro gerarca nazionalsocialista Rudolf Hess. L’opera era concepita in due volumi: il primo illustrava nel dettaglio il programma del Nsdap (Nationasozialistische Deutsch Arbeiter Partei, Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori) sottotitolato “Un bilancio”, dove descriveva i primi anni della sua vita e la presa di coscienza politica, il periodo viennese, poi quello monacense, il Partito tedesco dei lavoratori e così a seguire. Nel secondo volume affrontava il movimento nazionalsocialista con tutti gli aspetti politici che la Germania di allora presentava. Insomma, attraverso le proprie esperienze, la propria vita e ciò che accadeva in Germania Adolf Hitler intendeva illustrare la situazione di emergenza politica e sociale della Repubblica di Weimar ma anche la propria visione del mondo.

Il primo volume fu pubblicato nel 1925 e doveva essere intitolato Quattro anni e mezzo di lotta contro menzogna, stupidità e codardia. Il titolo fu cambiato con il più incisivo La mia battaglia e fu pubblicato dalla casa editrice del partito, la Franz Eher Nachfolger. Il testo fu rivisto da padre Bernhard Stempfle, editore della rivista antisemita Miesbacher Anzeiger e altri personaggi vicini a Hitler contribuirono a rivedere il testo e le bozze, fra cui Rudolf Hess, Josef Stolzing-Cerny, redattore del Volkischer Beobachter, Adolf Müller, proprietario della tipografia e il politologo esperto di geopoltica Karl Haushofer. I due volumi uscirono in Germania nel 1925, come detto, e nel 1927. Del primo furono tirate 23mila copie, del secondo 13mila. Nel 1930 fu pubblicata un’edizione in un solo volume e in edizione a prezzo vantaggioso e furono vendute ben 287mila copie. Alla fine del 1933, quando Hitler era al potere da circa un anno (fu nominato cancelliere dal presidente Hindenburg il 30 gennaio del 1933) il volume aveva venduto un milione e mezzo di copie. Fino al 1943 la tiratura complessiva sarebbe stata di 10 milioni e 240mila copie, con traduzioni in 14 differenti lingue. Alle successive edizioni tedesche furono apportati al testo variazioni di carattere stilistico ma nella sostanza il libro rimase lo stesso. Via via vennero eliminati i termini più violenti e più crudi utilizzati da Hitler.

Nel marzo del 1934 il Mein Kampf fu pubblicato in italiano, pubblicazione che arrivò in ritardo rispetto ad altre nazioni e dovette anche superare una serie di difficoltà. Quali? Nel 1931, il maggiore dell’Esercito Giuseppe Renzetti, di stanza a Berlino, aveva avviato una trattativa per far tradurre in Italia il volume del Führer dalla casa editrice del Partito nazionale fascista, La Libreria del Littorio che dopo poco chiuse. Prese contatti con Lando Ferretti, capo ufficio stampa di Mussolini ma nell’immediato non fu mostrato molto interesse. Diverso l’atteggiamento dopo che nel marzo del 1932 i nazionalsocialisti ottennero un buon successo alle elezioni. Passò dell’altro tempo, fino agli inizi del febbraio del 1933, quando Renzetti fece sapere a Mussolini che il gerarca Hess aveva fatto presente che in Germania i vertici del Nsdap attendevano che il libro fosse tradotto in Italia. Il 9 febbraio Max Amann, massimo dirigente della casa editrice del Nsdap, la Franz Eher Nachfolger, era a Roma per discutere del progetto. Rapidamente, già il 13 febbraio successivo, un assegno di 250mila lire fu inviato al console italiano a Monaco, Francesco Pittalis, per l’acquisto dei diritti d’autore. L’aspetto strano è che la trattativa fu effettuata non come di consueto fra case editrici ma fra una casa editrice di partito e uno Stato, contrariamente a quanto avvenuto per lo stesso titolo in altri Paesi.

Amann espresse il desiderio secondo il quale il pagamento sarebbe dovuto avvenire in contanti per non lasciare tracce, per evitare che qualcuno in Germania potesse lanciare una campagna contro il Nsdap accusandolo di essere finanziato da uno Stato straniero e fiancheggiatore. Insomma, i particolari della transazione non dovevano essere conosciuti. Il Nsdap, fra l’altro, aveva bisogno di fondi per affrontare, il mese successivo, il 5 marzo 1933, le nuove elezioni, visto che Hitler il 30 gennaio, ottenuto l’incarico di cancelliere del Reich Paul Hindenburg, sciolse il Reichstag e indisse nuove elezioni.

Mussolini decise personalmente la somma da offrire per l’acquisto dei diritti e 250mila lire era oggettivamente una somma ben più alta rispetto agli importi usuali per l’acquisto di diritti editoriali. Lo Stato italiano, quindi, dopo la firma del contratto doveva trovare un editore. La proposta fu fatta a Mondadori il quale rispose negativamente a causa dei troppi impegni editoriali che aveva assunto fino ad allora e anche perché il volume era considerato, come Mondadori sottolineò nella lettera di risposta, di interesse più per il pubblico tedesco che per quello italiano oltre ad avere una mole di pagine che non facilitava certo la vendita. La proposta fu girata a Valentino Bompiani che accettò di buon grado, definendosi onorato della designazione e pronto a pubblicare il libro addossandosi l’onere della traduzione e della stampa. Probabilmente era soddisfatto della proposta perché sperava di ottenere in seguito altre commesse (cfr. Piazzoni).

Intanto, nel contratto la Franz Eher Nachfolger aveva introdotto la clausola secondo la quale il traduttore doveva essere cittadino italiano e non doveva essere né di religione né di razza ebraica (israelita). Non solo: la casa editrice del Nsdap propose anche di mettere a disposizione per la revisione e il controllo della traduzione un esperto tedesco. Ma nel contratto, alla fine, fu riportato solo la dicitura “il traduttore deve essere cittadino italiano”. Quattro mesi dopo il traduttore di Bompiani, Angelo Treves, di religione ebraica, aveva già tradotto le 500 pagine del primo volume. L’editore Bompiani propose di ridurre la mole a non più di 500 pagine con una introduzione di un centinaio di pagine, sintetico riassunto del primo volume e chiese anche un’introduzione breve di Hitler in persona, per l’edizione italiana. Probabilmente a scanso di problemi, Bompiani non fece riportare nel libro il nome del traduttore (cfr. Sella e Fabre).

Nel 1938 la parte omessa, che era stata solo riassunta, meno di cento pagine, fu pubblicata autonomamente con il titolo La mia vita. Il traduttore stavolta fu Bruno Revel. Treves era morto l’anno precedente e quando più tardi fu pubblicata l’opera in volume unico, comparve solo il nome di Bruno Revel lasciando intendere, indirettamente, che il traduttore di tutti e due i volumi era stato lui.

Il libro di Hitler (in Italia uscito in due volumi separati) a partire dal 1945 è stato ristampato più volte da case editrici di estrema destra e di estrema sinistra (fra gli altri l’editore Napoleone) e fece rumore, nel 2002, l’edizione della casa editrice Kaos, che fu commentata da Giorgio Galli, politologo, in passato docente di Storia delle dottrine politiche. In quell’occasione l’Ambasciata della repubblica federale tedesca a Roma a seguito della pubblicazione fece sapere alla Kaos che i diritti letterari appartenevano allo Stato libero di Baviera quale successore legale della casa editrice del Nsdap, pertanto il Mein Kampf poteva essere pubblicato solo a stralci e con commenti. Ma tutte le edizioni italiane del dopoguerra non sono state altro che ristampe pedisseque e edizioni anastatiche dell’edizione Bompiani. Edizione che conterrebbero traduzioni non sempre fedeli ed esatte e in alcuni punti addirittura errori di interpretazione (cfr. Sella, Linguardo).

Adesso, per la prima volta dal 1945, una casa editrice italiana, la Thule Italia editrice, specializzata nella pubblicazione di libri e documenti originali della seconda guerra mondiale, ha affrontato l’impegno di tradurre ex novo tutto il Mein Kampf integralmente. In questa operazione i due traduttori, Marco Linguardo e Monica Mainardi, avrebbero rilevato numerosi errori di traduzione.

La qualità della traduzione dell’edizione Bompiani (e quindi di tutte le ristampe eseguite da varie case editrici nel dopoguerra) lascia a desiderare per l’utilizzo di espressioni politiche e militari con lemmi già allora desueti o addirittura errati. Dalle schede della casa editrice emergono alcune incongruenze nella traduzione di Angelo Treves che pure era un traduttore considerato esperto.

Il docente universitario Delio Cantimori, nel numero di maggio del 1935 del Leonardo, recensì il Mein Kampf criticando l’edizione Bompiani sia per i tagli sia per il livello discutibile della traduzione. Nella settimana precedente la visita di Hitler in Italia, nel maggio del 1938, esce da Bompiani La mia vita, del Führer, sanando così la questione del sunto nel primo volume. Traduttore fu Bruno Revel dell’Università Bocconi di Milano.

In seguito, Bompiani riunì i due volumi in un solo grosso tomo e come autore della traduzione fu riportato solo il nome di Bruno Revel. Ma i refusi, i tagli, gli errori e lo stile del primo volume rimasero inalterati rispetto all’edizione del 1934. Per vari anni fu celata l’identità dell’autore della traduzione del testo base nazionalsocialista, Angelo Treves, perché ebreo. E questo emerge dall’autobiografia di Valentino Bompiani (cfr. Bompiani). Del resto, Treves aveva aderito dapprima alla Associazione generale degli operai e aveva collaborato con la rivista socialista Critica sociale fondata da Filippo Turati e, a partire dal 1921, dopo la scissione a Livorno del Partito socialista, collaborò alla rivista Comunismo, periodico filobolscevico della III Internazionale. Insomma, una vera beffa per il fascismo, visto che il nome del traduttorre comunista, peraltro, non compariva nel libro. Bruno Revel, inoltre, il traduttore del secondo volume in libreria nel 1938, era di religione valdese, sposato con un’ebrea, una Olivetti di Ivrea, e negli ultimi anni della guerra partigiano nel Partito d’Azione. Quindi anche questo secondo traduttore non era propriamente vicino alle idee di Hitler e del volume da tradurre.

C’è da dire che la scrittura di Hitler non è certo piana e agevole ma le costruzioni scelte nelle traduzioni sembrano renderla ancora più ostica e involuta. Talvolta vengono scelti vocaboli poco chiari, poco adatti, a volte desueti. Il linguaggio, quindi, non sempre è adeguato.

Varie espressioni non collimano con il pensiero del capo del nazionalsocialismo. A esempio, nell’edizione Bompiani, al capitolo primo, Hitler scrive: “Io avevo ammirato mio padre, ma mia madre l’amavo”. Fu tradotta in italiano: “Io avevo onorato mio padre ma mia madre l’amavo”, cambiando il senso della frase, mostrando rispetto ed educazione per il padre e amore per la madre. Ammirare, del resto, significa “guardare con meraviglia”, onorare è “circondare di ossequio e stima”. Oppure l’uso di una prosa che rende difficile la comprensione al lettore.

Un esempio. Alla fine del quarto capitolo de La mia battaglia si legge, nell’edizione Bompiani: “Le cause profonde di quella possibilità di presentare agli occhi di tutto un popolo la conquista economica come un indirizzo di politica pratica, e la conservazione della pace mondiale come lo scopo più essenziale, stavano nel fatto che il nostro pensiero politico del tempo era ammalato”. Nella nuova traduzione delle edizioni Thule Italia, a pagina 161, la versione è così riportata: “La causa più profonda della possibilità di presentare a un intero popolo l’assurdità di una ‘conquista economica’ come via politica a livello pratico e la conservazione della ‘pace mondiale’ come l’assoluto obiettivo politico – e perfino di farlo capire in tal modo -, stava soprattutto nel generalizzato stato di malattia in cui si trovava tutto il nostro pensiero politico”. Frasi più fluide, che esprimono meglio i concetti presenti nella edizione Bompiani che sono lacunosi o, quanto meno, talvolta poco chiari.

Ma questo è solo un esempio. Ci sono vari vocaboli tradotti nell’edizione Bompiani in maniera superficiale, utilizzando significati meno aderenti al senso originale. Ecco alcuni esempi: “comunità compatta” è tradotto con “chiusa comunità”; “fede ben salda” con “fede nettamente limitata”; “visione del mondo” con “concezione mondiale”; “malati di mente” è tradotto con “malati di spirito”, “collettività” è tradotto con “generalità”, “gazzettiere” con “rimpinzatore”; “forza morale” con “intimo attrezzamento” “massa disposta a obbedire” con “massa sentimentale”; “miscuglio di razze” con “poltiglia di razze”; “capire prima” con “venire in chiaro in anticipo”. Le Sa (Sturm Abteilungen) tradotto sempre con “reparti d’assalto” i “centri di smobilitazione” con “organizzazioni di smobilizzo”, nazionalsocialisti bavaresi” con… “partigiani bavaresi”. Ancora: “confessione” con “professione”; “superiorià” con “mentalità”, “fondamentali” con “primordiali” (cit. in Sella) ecc.

Ora il documento centrale dell’ideologia nazionalsocialista è restituito agli amanti di storia e agli specialisti con una traduzione più precisa dal punto di vista filologico e utile per comprendere le dinamiche ideologiche che mossero il popolo tedesco a sostenere Hitler e il Nsdap.

 

Manlio Triggiani

 

 

Bibliografia

Irene Piazzoni, Valentino Bompiani. Un editore italiano fra fascismo e dopoguerra, Led ed., 2007

Adolf Hitler, La mia battaglia, Bompiani ed., Milano 1934

Adolf Hitler, Mein Leben, Ed. Sentinella d’Italia, sid. e sil.

Piero Sella, Il Mein Kampf e la sua traduzione italiana, in L’Uomo libero n. 75, Varese 2013

Adolf Hitler, La mia battaglia, 2 voll., Thule Italia editrice, Roma 2016 (saggio introduttivo di Marco Linguardo)

Giorgio Fabre, Il contratto. Mussolini editore di Hitler, Dedalo ed., Bari 2004

Valentino Bompiani, Vita privata, Mondadori ed., Milano 1992