Brano estratto dal Volume II dei discorsi di Rudolf Hess

Capitolo “Ricordi degli inizi del Partito” tratto dal secondo e ultimo volume dei Discorsi di Rudolf Hess.

Uno dei difetti degli storici che si sono occupati del nazionalsocialismo e, nello specifico, degli inizi politici di Adolf Hitler è di essersi basati pressoché unicamente sul Mein Kampf pur avendo a disposizione centinaia di testi che necessitavano solo di essere recuperati e tradotti. Leggendo questo breve capitolo vi saranno fornite – oltretutto in modo piacevole, visto che Rudolf Hess non mancava di senso dell’umorismo – molte più informazioni delle centinaia di pagine dedicate agli inizi dello NSDAP che differiscono tra loro quasi esclusivamente nella costruzione grammaticale dei periodi. Qui si sono aggiunte delle immagini e un video dell’epoca per rendere ancor più vivo il racconto qui di seguito.

Quando vi vedo davanti a me, ottocento Gauamtsleiter e Gauamtsleiterinnen, e quando ricordo che là fuori(1) ci sono centinaia di migliaia di Leiter politici, allora non posso fare a meno di ripensare al tempo in cui emerse il primo Amtsleiter (2).

Era il 1920. Il caporale Adolf Hitler era appena diventato il camerata di Partito Adolf Hitler e aveva già presunto di assumere un uomo per svolgere alcuni compiti nel piccolo ufficio. Ciò sconvolse il resto del Partito, costituito da poche decine di persone, giacché queste ultime erano convinte che fosse più o meno folle, oppure che fosse un agente dei massoni – o di altre forze oscure – con la missione di portare il minuscolo Partito alla rovina e di distruggerlo completamente. Egli, tuttavia, non impiegò costui a tempo pieno; persino un Adolf Hitler, a quel tempo, non era così sconsiderato. L’uomo, invece, doveva venire in ufficio ogni due giorni per alcune ore, per potersi occupare da solo di tutto ciò che oggi, distribuito tra molti singoli reparti, viene fatto nel Gau. In primo luogo, naturalmente, aveva la mansione di tesoriere e doveva tenere in ordine i libri contabili. Non aveva una cassaforte a sua disposizione, bensì una scatola di sigari. Doveva assicurarsi che tutti i nuovi membri del Movimento fossero debitamente registrati – non in una cartoteca, quanto piuttosto su un quaderno di scuola –, perché a volte succedeva che parecchi camerati di Partito vi aderissero in una settimana. Soprattutto, egli aveva un privilegio: possedeva una macchina da scrivere, e credo che fosse una convinzione generalizzata che l’immagine del Partito sarebbe migliorata notevolmente se fossero uscite delle lettere non scritte a mano, bensì con un’appropriata macchina da scrivere.

Sopra: il tesoriere dello NSDAP, il camerata di Partito Rudolf Schüßler, con la scatola di sigari che utilizzava come “cassaforte” del Partito. Sotto: la prima stanza da lavoro nello Sterneckerbräu a Monaco. Fonte: Georg Usadel, Zeitgeschichte in Wort und Bild 1918-1920, Kultur und Aufbau Verlags, 1937, Oldenburg.

L’ufficio era situato in una piccola e modesta stanzetta nello Sternecker (3); forse l’uno o l’altro di voi se la ricorda ancora questa piccola stanza. Le pareti sembravano alquanto bizzarre. Il locandiere, difatti, aveva tolto dal muro i rivestimenti prima di arrischiarsi a darci l’ufficio in affitto, perché chi mai poteva sapere se questa organizzazione – secondo le vecchie maniere soldatesche – non avesse potuto usare il prezioso rivestimento come legna da ardere.

Fu proprio lì, nello Sternecker, che vidi il Führer per la prima volta nella mia vita. Era in una piccola stanza accanto all’ufficio che si svolgeva l’usuale serata di discussione e lì, per la prima volta nella mia vita, ascoltai un suo discorso. Fu quella sera che uno sciagurato avanzò la proposta di istituire un comitato che avrebbe dovuto sovrintendere alla dirigenza del Partito. Era un argomento davvero “gradito” al Führer, e posso assicurarvi che questa proposta non fu mai più ripresentata!

Quasi tutti i membri del Partito si riunivano quotidianamente nello stesso Sternecker – non nella grande sala, ma in una piccola stanza che riempivamo completamente – per poter pranzare insieme. Quelli non erano propriamente pasti sontuosi. Ognuno ispezionava prima minuziosamente il menu per vedere quanto costasse il tutto. In generale, l’indagine si concludeva con la scelta del cosiddetto “Tiroler Gröstl”, che qui (4) si chiama – almeno credo – “Hoppel-Poppel”. Questo, però, era possibile solo all’inizio del mese; verso la fine, infatti, le file si diradavano e ci si ritrovava soprattutto alla mensa pubblica, dove si poteva mangiare per dieci o venti pfennig. E anche lì c’era il Führer.

In serata, l’intero NSDAP, guidato del camerata di Partito Adolf Hitler, scendeva per le strade e nei quartieri bui di Monaco per distribuire volantini e affiggere piccoli manifesti. Vi era chi portava il secchio per la colla e altri che guardavano in fondo alla strada. Quando appariva qualcuno di sospetto – e in generale tutti erano sospetti, se non appartenevano al nostro Partito –, e soprattutto se spuntava un rappresentante dell’autorità dello Stato, ci si sforzava di mostrare l’espressione più innocente possibile; e il più delle volte aveva anche successo. L’unica cosa importuna e imbarazzante era il barattolo della colla. Era molto difficile spiegare al rappresentante dello Stato perché si stesse trasportando un secchio di colla, specialmente quando, ovunque nelle vicinanze, c’erano dei manifesti appena affissi che odoravano di colla. Sebbene insistessimo sul fatto che ogni cittadino avesse certamente il diritto di portare con sé un secchio di colla quando e dove volesse, purtroppo le tasche dei nostri cappotti militari apparivano sospettosamente rigonfie. Un’ispezione più approfondita rivelava i volantini – in parte sanguinari, in parte riservati alla tipologia borghese. Ma non dello NSDAP – allora non avevamo il denaro per stampare i nostri volantini –, piuttosto quelli dello Schutz- und Trutzbund o di un piccolo settimanale antisemita intitolato “Völkischer Beobachter”, pubblicato da Dio solo sa chi (5). Solo con il tempo riuscimmo a trovare un uomo a Monaco che, come noi, non fosse in completo accordo con il governo di allora; differiva da noi per un unico aspetto, ovvero aveva più denaro di noi. Con nostro grande stupore, in realtà, mise i soldi a nostra disposizione per la stampa dei nostri volantini.

E questo è stato poi fatto ampiamente. Il Führer disegnò i volantini; erano dello stesso tipo che ideò durante tutto il periodo della lotta. Inventammo metodi completamente nuovi per la loro distribuzione. Per esempio, salivamo singolarmente sul tram con un pacchetto di volantini in tasca e poi li lasciavamo volare fuori mentre esso iniziava la sua corsa. Questo metodo si basava sulla fondata convinzione che la polizia non ci avrebbe mai preso, giacché alla prossima fermata ci saremmo dileguati tra la folla. Solo uno dei nostri – particolarmente “abile” – ebbe l’idea, all’Oktoberfest, di distribuire i suoi volantini all’interno del cosiddetto “Wies’n” (6), sedendosi su una giostra; non gli era ben chiaro che, sebbene i cavalli si muovessero, la giostra sarebbe rimasta immobile e che anche i cavalli alla fine si sarebbero fermati. L’occhio della legge era lì presente quando questi scese da cavallo e prontamente lo condusse al commissariato.

Al minuto 0:54 potrete vedere la giostra dove si pose l'”abile” camerata.

Con il tempo, abbiamo conosciuto tutti gli agenti di pattuglia a Monaco. Quella, però, non era la cosa peggiore. Lo era invero di gran lunga il fatto che ogni poliziotto ci conoscesse e che a poco a poco tutti noi venissimo identificati dalla polizia solo mostrando pubblicamente i nostri volti. – Quella distribuzione indefessa di volantini portò inoltre a un’altra particolare conseguenza. Un giorno lo stesso Führer venne arrestato mentre era sulla via per l’ufficio. Il resto del Partito si riunì e convenne che era giunto il momento di procedere a un colpo di Stato con i nostri dodici o quattordici attivisti e di rovesciare il governo. O, per lo meno, si voleva prendere d’assalto il Presidio di polizia e tirar fuori Adolf Hitler da lì. Ma, alla fine, non si giunse a questo tentativo di putsch, giacché il Führer tornò presto (7) grazie a un certo Pöhner e a un certo Frick (8), che allora erano alla direzione della polizia. Credo che sarebbe stato molto dannoso per il “gigantesco Partito” di allora se a quel tempo avessimo intrapreso il colpo di Stato.

Di tanto in tanto mi piace indugiare su questi ricordi e li rammento anche a voi; poiché credo che solo rievocando quel tempo si possa apprezzare appieno che cosa significhi che Adolf Hitler – allora il Führer di un’insignificante, perseguitata truppa di pochi uomini – sia oggi il capo di Stato…


1 In tutto il Paese.

2 Dal 1932, Amtsleiter fu un titolo con cui venivano insignite personalità che occupavano alcune tra le posizioni più elevate all’interno del Partito. 

3 Lo Sterneckerbräu era una birreria, nonché la prima sede dello NSDAP a Monaco.

4 In realtà sappiamo che si tratta di Rudolf von Sebottendorff.

5 In Renania Settentrionale-Vestfalia.

6 Si tratta della Theresienwiese, dove venivano – e vengono – allestiti tendoni, giostre e attrazioni varie durante l’Oktoberfest.

7 Dal carcere.

8 Ai due capi della polizia di Monaco, Adolf Hitler dedica numerosi passaggi del suo Mein Kampf. Cfr. Adolf Hitler, Mein Kampf, Thule Italia editrice, 2019, Roma.